GIORDANO BRUNO: SUI VINCOLI
“C’è questa necessità: colui che deve legare deve possedere una teoria universale delle cose, per essere in condizione d’incatenare l’uomo, che di tutte le cose è, per così dire, l’epilogo”. Così comincia il De vinculis in genere di Giordano Bruno. Queste poche righe contengono già diversi concetti chiave dell’opera: la descrizione di colui che genera vincoli; il legame tra universalismo concettuale e dominio dell’altro; la considerazione dell’essere umano, come vertice del mondo naturale. Data la diversità che caratterizza l’umanità, il vincolante deve ritenere il vincolato come “uno stesso soggetto in atto di trasmigrare da forma a forma, di figura in figura; sicché a vincolarlo si devono adoperare continuamente specie sempre nuove di nodi”. Per soggiogare efficacemente qualcuno, è necessario tenere conto della molteplicità e del movimento. Esiste il divenire. L’arte di vincolare è dinamica. Sta di fatto che tutte le relazioni, specie quelle politiche, sono manifestazioni diverse del vincolo: “Non pare, insomma, che vi sia realtà alcuna che sfugga ad una riflessione sui rapporti civili in questa prospettiva: nella misura in cui gli uomini vincolano o sottostanno a vincoli o sono essi stessi vincoli o circostanze vincolanti”. Dio, il Demone, l’Animo, l’Essere animato, la Natura, la Sorte, il Fato: queste sono, secondo il filosofo nolano, le forze universali che restringono l’azione dell’essere umano. Non si tratta di costrizioni corporee. Il senso non è percosso dal senso, ma da un’energia esterna, dalla “mano che lega”, la quale “con varia preparazione, si piega ed orienta a gettare i suoi lacci”. Per determinare uno stato di soggezione, occorre evocare forze spirituali. Per questo, il vincolante deve essere un credente: sia nelle cose naturali sia in quelle artificiali, deve riconoscere la meraviglia dell’azione di Dio, del Demiurgo, dell’artista supremo. “L’artefice lega con l’arte: poiché l’arte è la bellezza dell’artista”. Vincolante, artista e Dio: tra questi tre termini intercorre un rapporto di similitudine. Si tratta di tre creatori. I primi due si rifanno al terzo. Ne intuiscono l’ingegno. Lo ammirano. Senza questa fede nella causalità universale, non riuscirebbero nel loro intento. Questa fiducia non è disinteressata, infatti: “Ciò che è bello e buono e grande e vero in assoluto vincola in assoluto ogni affetto ed ogni intelletto”. In breve, Dio è capace di assoggettare ogni cosa. Per questo, gli individui desiderosi di dominio lo amano. Essi, d’altro canto, non sono autonomi come potrebbe sembrare. Colui che vincola, vincolando, gode. Questo piacere fa sì che “chi lega sia legato a sua volta a chi è legato”. Per sintetizzare, il vincolante, per essere tale, deve: possedere una teoria universale delle cose, affinché possa governare tutte le cose; ritenere che l’essere umano sia il centro di tutto, per ritenere se stesso il centro di tutto; tenere conto dei diversi tipi umani e degli accidenti che possono subire, in modo da modulare la propria arte legatoria; amare la propria arte, come fa, appunto un artista, per motivare se stesso ad agire; allearsi con Dio, il vincolante supremo, per vampirizzare questa capacità assoluta; essere, a sua volta, assoggettato al vincolato.
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