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DOMINIO, POTERE E LIBERAZIONE

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  Posto che la maggior parte delle soggettività umane e non umane vive una condizione concreta di oppressione è forse necessario proporre alcune definizioni. Non perché esse, da sole, esauriscano il problema della liberazione. Però, tentare di donare uno o più significati a termini come dominio , potere , liberazione può avere tre scopi: riconoscere alcune pratiche effettive, difendersi da assalti autoritari ed agire, di conseguenza, secondo istanze autonome. Il dominio è la possibilità di disporre pienamente, di avere un’accessibilità incondizionata, di usare in maniera illimitata. A questo significato non corrisponde alcun atto concreto. Il dominio, così inteso, non esiste come processo rintracciabile e realizzabile. Le parole pienamente , incondizionata , illimitata non appartengono al lessico dell’esistenza: la pienezza, come condizione della completezza e della compiutezza, è estranea alla vita; l’incondizionato è negato dall’interdipendenza tra tutto ciò che esiste; l’illim...

ERACLITO E LA POTENZA DELL'ANIMA

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  L’umano pensa l’ascesi, cioè il distacco dal mondo, per superare l’inefficienza relativa che caratterizza l’esistenza materiale. La realtà, in quanto sede dell’impotenza, non conta nulla per chi cerca la potenza assoluta. L’asceta è il potente e viceversa. Dove avviene l’elevazione? Qual è la sede dell’abbandono delle sedi? Come si chiama il non-luogo che emenda tutti gli errori del luogo? Che nome ha, nel potente, la possibilità di conseguire la potenza, altrimenti impossibile? Anima. Essa, a differenza di qualsiasi entità concretamente esistente, non ha limiti: “Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell’anima: così profondo è il suo logos ” (DK22B45). Così Eraclito, dei cui frammenti questo articoletto vuole essere un commento. Il logos , il principio esplicativo e legislativo dell’anima, è insondabile. Diremmo, in altri termini: l’anima, il presupposto della potenza ascetica, è inspiegabile, poiché non ammette al...

L'AMORE SECONDO LUCREZIO

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  Lucrezio, nel terzo libro de La natura delle cose , si occupa del fenomeno amoroso. “Così dunque chi riceve la ferita dai dardi di Venere, / […] / si protende verso la creatura da cui è ferito e arde / di congiungersi a lei, e di versare in quel corpo l’umore del proprio corpo. / Infatti la tacita brama presagisce il piacere” (vv. 1052 – 1057). Così, da Venere si viene colpiti, attraverso il corpo dell’amato. Masochisticamente, si aspira ad avere un contatto con la fonte della violenza a cui siamo soggetti. Si ambisce all’unione con essa. L’amore è un’esperienza di sofferenza, quando la tacita brama , cioè il desiderio, annuncia in anticipo l’evento futuro del piacere. La lontananza dell’amato produce nella mente dell’amante dei simulacri, delle immagini, dei fantasmi ossessionanti. Che fare, dunque? “Ma conviene che tali fantasmi si fuggano, che si ricusi / ogni alimento d’amore, ad altro il pensiero si volga, / e il seme raccolto si eiaculi in casuali amplessi, / né lo si serbi...

Ulisse, Horkeimer e le sirene: piaceri e dolori della ragione

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 Horkheimer, in Eclissi della ragione, pone le radici della logica del dominio "nell'oggettivazione primitiva, nello sguardo con cui il primo uomo vide il mondo come una preda" (Eclissi della ragione, p. 151). L'essere umano teme la morte e l'ignoto. Pensa, per porre rimedio all'orrore. Frantuma l'unità tra soggetto e oggetto, per far sì che quest'ultimo si renda dominabile, manipolabile, annientabile. L'illuminismo (qui inteso come pensiero in generale) "ha perseguito da sempre l'obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni" (Ib., p. 11). La volontà di imporsi sulla natura ha reso l'essere umano schiavo della conquista, del dovere coloniale, della fatica lavorativa. Non è un caso che l'etica conseguente al sapere occidentale sia sostanzialmente un inno alla privazione. In concreto, "La storia della civiltà è la storia dell'introversione del sacrificio. In altre parole: la storia della rinuncia...

Satura di Bruna Lucia Giliberto

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 Certi libri non si leggono, si mangiano. Satura è una di queste pietanze verbali. Affinché un susseguirsi ordinato di lettere diventi cibo commestibile, è necessario che le pagine pulsino. Sangue, circolazione, anatomia, respiro: la vita nuda ferve in Satura. È possibile rintracciare un gusto unico in questa vivanda variegata? È lecito individuare delle invarianze nel moto della messinscena? Risponderemo stabilendo delle ricorrenze. È la ricorrenza stessa, come ciclicità, a ricorrere. Il tempo greco, l’uroboro, è protagonista di Satura. Ciò che fu, sarà. Questa legge informa le esistenze dei personaggi. La ripetizione a volte è una prigione, altre volte è un’occasione di riscatto. Circe, fulcro del racconto omonimo, è reclusa nell’attesa e nella cura di Lui. Il passato, il presente e il futuro sono segnati dall’ossessione e dalla scoperta dell’animalità dell’umano: “E ci fu la tigre, il rospo e la falena; il topo, la libellula e il cavallo”. La stessa bestialità guida il tirocinio...

GIORDANO BRUNO: I VINCOLI E L'AMORE

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  Tra il vincolante e il vincolato intercorre un rapporto di interdipendenza. A determinare i rapporti di obbligo reciproco non è, però, la ragione. Contano, d’altro canto, l’impressione, la fantasia, l’immaginazione. In queste dinamiche, ad esempio, il bene in sé non ha importanza: è fondamentale l’opinione del bene. La partita del vincolo si gioca nel campo dell’immaginario. Restando nella metafora calcistica, per fare gol, cioè per vincolare un solo oggetto (o un solo individuo), è necessario uccidere tutti gli altri giocatori. Con le parole di Giordano Bruno: “Chi voglia delimitare il destinatario del vincolo ad un solo oggetto, deve investire fatica nel renderlo svogliato per altre attività o più distanziato dalle preoccupazioni ad esse legate. E invero un’attività gratificante esclude la giustificazione di un’altra: […] chi guarda con molta attenzione si fa sordo”. Il vincolante mette il vincolato in una condizione in cui nulla è rilevante tranne il vincolo stesso. Essere att...

GIORDANO BRUNO: SUI VINCOLI

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  “C’è questa necessità: colui che deve legare deve possedere una teoria universale delle cose, per essere in condizione d’incatenare l’uomo, che di tutte le cose è, per così dire, l’epilogo”. Così comincia il De vinculis in genere di Giordano Bruno. Queste poche righe contengono già diversi concetti chiave dell’opera: la descrizione di colui che genera vincoli; il legame tra universalismo concettuale e dominio dell’altro; la considerazione dell’essere umano, come vertice del mondo naturale. Data la diversità che caratterizza l’umanità, il vincolante deve ritenere il vincolato come “uno stesso soggetto in atto di trasmigrare da forma a forma, di figura in figura; sicché a vincolarlo si devono adoperare continuamente specie sempre nuove di nodi”. Per soggiogare efficacemente qualcuno, è necessario tenere conto della molteplicità e del movimento. Esiste il divenire. L’arte di vincolare è dinamica. Sta di fatto che tutte le relazioni, specie quelle politiche, sono manifestazioni dive...