GIORDANO BRUNO: I VINCOLI E L'AMORE

 Tra il vincolante e il vincolato intercorre un rapporto di interdipendenza. A determinare i rapporti di obbligo reciproco non è, però, la ragione. Contano, d’altro canto, l’impressione, la fantasia, l’immaginazione. In queste dinamiche, ad esempio, il bene in sé non ha importanza: è fondamentale l’opinione del bene. La partita del vincolo si gioca nel campo dell’immaginario. Restando nella metafora calcistica, per fare gol, cioè per vincolare un solo oggetto (o un solo individuo), è necessario uccidere tutti gli altri giocatori. Con le parole di Giordano Bruno: “Chi voglia delimitare il destinatario del vincolo ad un solo oggetto, deve investire fatica nel renderlo svogliato per altre attività o più distanziato dalle preoccupazioni ad esse legate. E invero un’attività gratificante esclude la giustificazione di un’altra: […] chi guarda con molta attenzione si fa sordo”. Il vincolante mette il vincolato in una condizione in cui nulla è rilevante tranne il vincolo stesso. Essere attratto, tratto, dominato o vincolato significa questo: guardare qualcosa, tralasciando, non solo gli altri oggetti, ma anche gli altri sensi. Per Giordano Bruno, il vincolo è naturale perché tutte le cose sono legate: “In ogni specie giacciono segni di attrazione per tutte le altre”. Ora, il vincolante è colui che, inducendo scosse emotive di diverso genere, frantuma questo nesso universale, stabilendo una connessione particolare tra sé e un altro: “L’oratore, suscitando riso o invidia o altri stati d’animo spezza il vincolo d’amore, rende disponibili per vincolo d’odio, di disprezzo, d’indignazione”. L’oratore è il politico che irretisce l’ascoltatore, “assecondando […] i vincoli di cui è già prigioniero”. Rafforza le inclinazioni dei governati. Osserva le passioni. Non le crea. Purtroppo per lui, però: “Non è possibile vincolare a sé qualcuno, se il vincolante non patisce egli stesso il legame […] l’oratore non suscita passione senza passione”. In breve, oltre che al vincolato, il vincolante è legato al legame stesso. Per causare, deve essere dominato dall’effetto. Provocare un sentimento significa essere attratti dal medesimo sentimento. “Il vincolo è tal condizione per cui le cose vogliono contemporaneamente essere dove sono e non perdere ciò che hanno, ed essere in ogni dove ed avere ciò che non hanno”. Dopo molto, una definizione di vincolo. Ciò che desta in una cosa la volontà di conservarsi nel presente o di giungere a completezza è l’amore: “L’amore è il fondamento di tutte le passioni: chi non ama, infatti, non ha motivo di temere, sperare, […]”. Nel caso di un individuo, l’amore di sé (la filautìa). Dunque, per legare e sciogliere vincoli a piacimento, il vincolante deve estinguere nel vincolato l’amore di sé: “La metamorfosi di Cupido è completa quando uno muore a sé stesso e vive nella vita dell’altro”. Il vincolante inietta nel vincolato un sentimento incontrollabile, un “vincolo che dissolve tutti gli altri vincoli”, un amore che sostituisce l’amore che il vincolato prova per sé. Colui che è assoggettato dimentica la propria vita per indugiare, fantasticando, sulla bellezza del dominatore-amante, odiando tutto il resto. Il vincolo particolare più efficace, per Giordano Bruno, deriva dall’ “accostamento del contrario”: ad esempio, tra l’umile e il superbo. Ad ogni modo, il vincolo naturale è quello universale, che si configura come una: “forma di amore per la totalità del reale; perché la sete di avere e di capire del singolo individuo non si placa nel possesso di un bene e di un vero singolo e determinato, e mira, come ai suoi obiettivi, al bene universale e al vero universale”. Questo amore, per realizzarsi, non ha bisogno che venga estinto l’amore di sé né che vengano dissolti gli altri vincoli; non si tratta di un sentimento distruttivo ed esclusivo, come nel caso del vincolo particolare stabilito dal vincolante: “Accesa la filautìa (amore di sé), tutte le cose si imbrigliano più facilmente nei tipi di vincoli che sono loro naturali”.



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