Dominare lo spazio e il tempo: Leibniz e la metafisica della forza. Con Epitteto in sottofondo.

 

Il dominio – la volontà d’uso – si realizza attraverso la forza. Essa consiste nel superamento, nell’oltre passamento, nel dribbling. Superare significa costituire un’alterità rispetto a ciò che deve essere superato. La forza, generalmente intesa, è spesso indirizzata verso la più grande minaccia a cui l’essere umano deve far fronte: l’intero mondo fisico, sede di ostacoli, dolori, morte. Questo nemico può essere scalzato in diverse maniere: una – estrema - coincide con l’annullamento: il mondo fisico non esiste o non conta nulla; l’altra - più mite ma non meno efficace - consiste in un ridimensionamento: i
caratteri essenziali del mondo, cioè lo spazio e il tempo, hanno un valore relativo. Parte della riflessione di Leibniz va in questa direzione. Dire che lo spazio è l’essenza del mondo, come fa indirettamente Cartesio, parlando di res extensa (cosa estesa), è sbagliato. Oltre allo spazio, al movimento, alla figura e al numero, secondo Leibniz, per spiegare un fenomeno, tenendo conto anche della resistenza che il corpo oppone al movimento, è necessario ricorrere proprio al concetto di forza. Infatti, ad essere costante nei fenomeni meccanici non è, come vorrebbe Cartesio, il movimento, ma l’energia cinetica, quella che Leibniz chiama “forza viva”. Lo spazio è un modo in cui ci appare la realtà, un “fenomeno ben fondato” che nasce dalla relazione tra le cose, non un’essenza, né tantomeno un’entità autonoma. Il tempo subisce lo stesso processo di spoliazione: è un fenomeno ben fondato che nasce dalla successione tra le cose. Esso, nella sua forma sperimentabile, cioè il presente, è oggetto di un continuo trascendimento: “Il presente è gravido dell’avvenire”. Spazio e tempo sono semplici enti di ragione, concetti che, senza una finalità, un uso, un dominio, “non sarebbero che nelle idee di Dio”, come dice Leibniz. Epitteto, a questo proposito, afferma, nelle sue Dissertazioni, che: “Le cose sono indifferenti: l'uso di esse non è indifferente”. Il pensiero del dominio-uso-forza permette di pronunciare la frase in una forma leggermente diversa: “Lo spazio e il tempo sono indifferenti: l’uso di essi non è indifferente”. In sintesi, la forza consiste nel differire lo spazio e il tempo. Il dominio abita l’oltre-spazio e l’oltre-tempo. Le monadi spirituali, che per Leibniz, tra le altre cose, sono proprio centri di forza, non a caso “esprimono piuttosto Dio che il mondo”, poiché Dio è l’entità in cui si compie il superamento dello spazio e del tempo. Il divino è la forza. Ogni volta che si afferma che qualcosa ha un’esistenza derivata, incompleta, colmabile attraverso uno scopo estrinseco rispetto a sé, quel “qualcosa” è pronto per essere dominato. Ma non garantire un’esistenza propria a questo “qualcosa” non significa forse mentire riguardo ad esso? Non è forse vero che il mondo esiste indipendentemente dall’uso che ne facciamo? La forza è legata indissolubilmente alla bugia, all’approssimazione, al distacco dalla realtà? Il prezzo del superamento è una mistificazione continua?

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